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giornalismo d'inchiesta. a messina e dintorni il blog "in direzione ostinata e contraria" di michele schinella (in)giustizia sanità università politica corsivi corsari corruzione, da rifare il processo al giudice della sezione fallimentare giuseppe minutoli. il gup di reggio calabria, davide lauro, ordina la restituzione degli atti alla procura per il corretto esercizio dell’azione penale: “fatti diversi da quelli contestati” 26 luglio 2018 michele schinella (in)giustizia no comments il magistrato giuseppe minutoli né una sentenza di condanna, né una sentenza di assoluzione, bensì un’ordinanza di restituzione degli atti al pubblico ministero perché eserciti correttamente l’azione penale. e’ questo l’esito del giudizio abbreviato che vedeva come imputato di corruzione il presidente della sezione fallimentare del tribunale di messina giuseppe minutoli. il giudice dell’udienza preliminare di reggio calabria, davide lauro, al termine di tre lunghe udienze ha stabilito che i fatti descritti dal capo di imputazione sono materialmente diversi da quelli, in ipotesi penalmente rilevanti in termini sempre di corruzione, che emergono nel materiale probatorio raccolto dalla procura e posto all’esame del giudice. minutoli era accusato di aver accettato la promessa che gli era stata fatta dall’amico gianfranco colosi, imprenditore molto noto a messina nel campo della ristorazione (è il titolare di casa ramona di viale san martino), dell’assunzione della moglie nella costituenda società che proprio grazie all’aiuto del presidente della fallimentare avrebbe dovuto subentrare all’istituto vendite giudiziarie nella gestione dei servizi relativi alle vendite forzate del tribunale. l’accusa era fondata su alcune intercettazioni ambientali e telefoniche. il gup lauro nell’ordinanza di tre pagine, per mostrare la divergenza tra fatti descritti e i fatti risultanti dagli atti di indagine, ha in primo luogo osservato che in queste intercettazioni non vi è un riferimento all’assunzione della moglie nella costituenda società, ma si parla di generica assunzione presso altra società riconducibile all’imprenditore della ristorazione. in secondo luogo, il giudice ha rilevato che diversamente da quanto sostenuto nel capo di imputazione, dalle intercettazioni emerge che colosi non dovesse scalzare l’istituto vendite giudiziarie (ivg), ma avrebbe dovuto stringere un patto sinergico con la società astelegali.net, interessata a succedere all’ivg, e che l’intento di minutoli fosse proprio quello di mettere in contatto colosi con astelegali.net. . “l’imputato ha diritto di difendersi da fatti materiali descritti compiutamente nel capo di imputazione corrispondenti a quelli che emergono dalle risultanze istruttorie”, ha in sostanza statuito il gip. nel caso di specie ciò non è accaduto e dunque la procura dovrà di nuovo procedere alla contestazione dei fatti proponendo una nuova richiesta di rinvio a giudizio. i coimputati vanno in ordinario il coimputato gianfranco colosi ha scelto il rito ordinario. dopo un errore di notifica della richiesta di rinvio a giudizio, l’udienza preliminare non si è ancora tenuta. il rito ordinario è stato scelto pure da letterio romeo, all’epoca dei fatti capo della direzione investigativa antimafia di messina. l’ufficiale, intimo amico sia di colosi che di minutoli, secondo l’accusa è stato attore del patto corruttivo tra il giudice e l’imprenditore e ha avuto, a sua volta, la promessa dell’assunzione della moglie. la pubblica accusa aveva chiesto per giuseppe minutoli 5 anni di reclusione, 7 anni e mezzo come come pena base, ridotta di un terzo, ovvero di 2 anni e mezzo, per la scelta del rito speciale. inchiesta sull’appalto della siracusa gela, il consulente/mediatore nicola armonium collabora con gli inquirenti e torna libero. in 10 ore di interrogatorio puntella le accuse nei confronti dei coimputati di corruzione e chiama in causa altri personaggi di rilievo politico e istituzionale. omissati i verbali 9 luglio 2018 michele schinella (in)giustizia no comments l’ex vice presidente del cas nino gazzara arrestato il 13 marzo del 2018 ha fatto una quindicina di giorni di carcere, poi 3 mesi di arresti domiciliari. alla vigilia dell’udienza preliminare ha deciso di vuotare il sacco: ha ammesso i fatti contestati, ha fatto nomi e cognomi, ha tirato in ballo personaggi di rilievo politico e istituzionale. nicola armonium, il titolare di pachira srl, società usata – secondo la procura di messina – per pagare tangenti a nino gazzara, il vicepresidente del cas, l’ente che aveva bandito la gara, in modo che si prodigasse per favorire il raggruppamento imprenditoriale condotte acque spa e cosedil spa aggiudicatario dell’appalto da 320 milioni di euro per la costruzione di un tratto della siracusa gela, è libero. a disporre la revoca di qualsiasi misura cautelare il giudice per le indagini preliminari simona finocchiaro. ma un peso determinante l’ha avuto il parere positivo della procura guidata da salvatore de lucia, che sino a 3 mesi e mezzo fa si era detta contraria anche ai domiciliari in luogo del carcere, disposti comunque dal tribunale della libertà il 29 marzo del 2018. “la condotta processuale di armonium ha fatto cessare le esigenze cautelari”, ha motivato il gip finocchiaro. di più, la procura ha dato il consenso alla definizione della posizione processuale di armonium attraverso il patteggiamento. la “condotta processuale” positivamente valutata da pm e gip è condensata in due verbali di interrogatorio tenuti in data 2 luglio e 6 luglio del 2018. due interrogatori lunghi 10 ore, a cui ha partecipato anche l’aggiunto della procura rosa raffa. la corruzione armonium davanti ai magistrati ha raccontato come si sono svolti i fatti che la procura ha declinato in termini di corruzione, puntellando l’impianto accusatorio nei confronti di coloro che sono coimputati: nino gazzara, colui che secondo l’accusa ha percepito una tangente sotto forma di consulenza legale a favore di pachira; stefano polizzotto, il legale con un passato da capo di gabinetto del governatore rosario crocetta destinatario anch’egli di somme di denaro da parte di pachira; duccio astaldi e antonio d’andrea, legali rappresentanti del raggruppamento che si è aggiudicato l’appalto e con armonium hanno sottoscritto un contratto di consulenza da quasi due milioni di euro. armonium è andato anche oltre: ha chiamato in causa personaggi sinora estranei alle indagini e ha aperto squarci di luce anche su altri appalti: è per questo che i verbali sono stati in larga parte omissati. gli abusi d’ufficio secondo l’impianto accusatorio sono due gli atti di favore che gazzara, in cambio di una consulenza di 30 mila euro e dell’impegno a consulenze future, ha cercato di far conseguire al raggruppamento di imprese vittorioso: uno effettivamente deliberato, l’altro no. innanzitutto, la stipula di un addendum al contratto di appalto, firmato dall’allora direttore generale maurizio trainiti, che ha consentito alla ditta di posticipare la consegna del tratto principale di autostrada di 6 mesi, rispetto alla data fissata nel bando di gara del 31 dicembre del 2015. trainiti insieme agli istigatori gazzara, astaldi, d’andrea e polizzotto sono imputati di abuso d’ufficio. secondo la procura questo patto era illegale. per le difese era pienamente lecito e giustificato dal ritardo nell’aggiudicazione definitiva dell’appalto. gazzara ancora sempre nell’ambito dell’accordo corruttivo si spese successivamente sul nuovo direttore generale, salvatore pirrone, per fare ottenere al raggruppamento un anticipazione del 5% del valore dell’appalto, ma l’anticipazione non fu mai data: pirrone ritenne fosse vietata dalla legge. la turbativa d’asta la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per turbativa d’asta anche dei componenti della sub commissione incaricata dalla commissione di gara nazionale di verificare se le migliorie al progetto definitivo proposto dal raggruppamento vincente non fosse in contrasto con la legge o co